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Danno ambientale, sintesi ragionata della sentenza N. 1882/2025 della IV Sezione del Consiglio di Stato

Il caso concreto e l’ordinanza sindacale

Il Comune di Altamura ingiungeva agli ex amministratori della società fallita proprietaria della discarica “Le Lamie” di adottare misure di messa in sicurezza e prevenzione ambientale. Gli amministratori ricorrevano al TAR sostenendo di non essere legittimati passivi. La società era fallita e la discarica sequestrata. La sentenza del TAR respingeva il ricorso, fondando la responsabilità sulprincipio “chi inquina paga”.

Il principio giuridico controverso: la responsabilità degli amministratori

Gli appellanti contestavano di poter essere obbligati in via personale a eseguire misure di messa in sicurezza, senza una prova della loro responsabilità specifica, sostenendo che l’obbligo gravasse sulla società o sulla curatela. Invocavano il principio civilistico della separazione patrimoniale e la necessità di provare un nesso causale diretto tra la loro condotta e l’inquinamento.

Quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento

La sentenza ripercorre dettagliatamente:

  • il D.lgs. 152/2006 (Codice Ambiente), che prevede obblighi specifici solo per il responsabile dell’inquinamento, limitando fortemente la responsabilità del proprietario incolpevole;
  • la sentenza della Corte di Giustizia UE C-524/13 e la Cassazione Sezioni Unite n. 3077/2023, che escludono responsabilità per il mero rapporto di proprietà o posizione;
  • la distinzione tra responsabilità patrimoniale (società) e responsabilità personale degli amministratori.

La decisione del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato accoglie l’appello. Ribadisce che:

  • gli amministratori rispondono solo se abbiano agito autonomamente o in modo anomalo, aggravando il rischio o commettendo direttamente l’illecito;
  • non è legittimo attribuire automaticamente la responsabilità personale agli ex amministratori solo per il ruolo ricoperto;
  • l’Amministrazione deve provare il nesso causale e la colpa o il dolo dell’amministratore;
  • la mera immedesimazione organica con la società non basta a fondare la responsabilità personale.

Punto di rottura con l’orientamento “estensivo” della responsabilità

Questa sentenza si pone in contrasto con un filone giurisprudenziale del Consiglio di Stato (ad es. Cons. Stato, sez. IV, n. 1045/2021) che aveva ritenuto legittimo coinvolgere amministratori e soci per il solo fatto di aver rivestito la carica durante la gestione di un sito contaminato, richiamando una responsabilità ambientale basata sul rischio.

Richiamo ai principi della Cassazione e della Corte di Giustizia UE

La IV Sezione valorizza il rigoroso approccio delle Sezioni Unite della Cassazione (n. 3077/2023) e della Corte di Giustizia UE (C-524/13):

  • la responsabilità ambientale non può prescindere dall’accertamento del nesso causale e del comportamento colpevole;
  • si esclude una responsabilità da “mera posizione” o da “vicinanza” all’evento dannoso.

Effetti della sentenza: rafforzamento della distinzione tra persona giuridica e amministratori

La sentenza segna un importante passo verso la tutela degli amministratori di società, evitando il rischio che la carica ricoperta in sé diventi titolo di responsabilità illimitata. Viene ribadito il principio della separazione patrimoniale e della necessaria prova della condotta anomala.

Conclusioni e possibile scenario giurisprudenziale

La decisione sembra consolidare un orientamento più rigoroso e garantista:

  • si limita l’applicazione automatica del principio “chi inquina paga” agli amministratori;
  • si ribadisce la centralità del criterio civilistico di responsabilità aquiliana (art. 2043 c.c.);
  • apre ad un possibile superamento delle pronunce Consiglio di Stato che, in passato, avevano favorito la responsabilità estesa.

La pronuncia si colloca in linea con la recente Cassazione e potrà incidere sui futuri giudizi in materia ambientale e sulla gestione dei fallimenti di società operanti in settori a rischio ambientale.

Avv. Fernando Petrivelli