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6 Settembre 2021  |  By Corrado Carrubba In All Categories, Ambiente, Uncategorized

Tra protezione umanitaria e disastro ambientale la cassazione guarda lontano

Cassazione

Di grande interesse per i temi trattati, i diritti in gioco, l’orizzonte internazionale e di particolare attualità l’Ordinanza della Corte di Cassazione , Seconda Sezione Civile, n. 5522 del 24 febbraio 2021.
Nel pronunziarsi positivamente su un ricorso avverso il decreto con cui il Giudice territoriale di merito aveva disconosciuto l’esistenza delle situazioni previste dalla Legge per il riconoscimento della protezione umanitaria ad un soggetto proveniente da un territorio estero gravemente compromesso sotto il profilo ambientale , il delta del Niger peraltro già tristemente noto per il dissesto ambientale e socio economico determinato anche, nelle stesse parole dei giudici, dallo sfruttamento indiscriminato delle risorse petrolifere da parte di multinazionali. la Sprema Corte ha fissato il seguente principio di diritto:
“Ai fini del riconoscimento, o del diniego, della protezione umanitaria prevista dall’art. 19, commi 1 e 1.1, del D. Lgs. n. 286 del 1998, il concetto di “nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale” individuato dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4455 del 23/02/2018, Rv. 647298; Cass. Sez. U, Sentenza n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062-02; Cass. Sez. 1, Ordinanza n.17130 del 14/08/2020, Rv. 658471) costituisce il limite minimo essenziale al di sotto del quale non è rispettato il diritto individuale alla vita e all’esistenza dignitosa. Detto limite va apprezzato dal giudice di merito non soltanto con specifico riferimento all’esistenza di una situazione di conflitto armato, ma con riguardo a qualsiasi contesto che sia, in concreto, idoneo ad esporre i diritti fondamentali alla vita, alla libertà e all’autodeterminazione dell’individuo al rischio di azzeramento o di riduzione al di sotto della predetta soglia minima, ivi espressamente inclusi -qualora se ne ravvisi in concreto l’esistenza in una determinata area geografica- i casi del disastro ambientale, definito dall’art. 452-quater c.p., del cambiamento climatico e dell’insostenibile sfruttamento delle risorse naturali”.
In realtà la sentenza con ampia motivazione offre ulteriori spunti di intesse rispetto alla sovra riportata massima, mostrando una apprezzabile visione internazionale della situazione attuale ove i diritti fondamentali delle persone, quindi la loro dignità, sono in molti parti del mondo messi a rischio non solo da fatti di guerra o di conflitto, me sempre più anche alle varie forme che assume il dissesto ecologico del pianeta, sino ai cambiamenti climatici in corso.
In essa ritroviamo, ad esempio, un interessante richiamo in positivo ad un precedente discusso dinanzi al Comitato delle Nazioni Unite nell’ambito della decisione del caso n. 2727/2016 occorsa il 24 ottobre 2019 avente ad oggetto una persona in fuga da un’isola del pacifico ove l’innalzamento egli oceani, causato appunto dai cambiamenti climatici, sta compromettendo l’habitat sottraendo terre emerse e fertili alle popolazioni locali. Il Comitato, pur respingendo la domanda a causa della mancata dimostrazione, da parte del richiedente, dell’effettivo ed imminente pericolo di sommersione dell’isola dalla quale egli proveniva, ha affermato il principio per cui
“ gli Stati hanno l’obbligo di assicurare e garantire il diritto alla vita delle persone, e che tale diritto si estende anche alle minacce ragionevolmente prevedibili e alle situazioni potenzialmente letali che possono comportare la perdita della vita o comunque un sostanziale peggioramento delle condizioni dell’esistenza, inclusi il degrado ambientale, i cambiamenti climatici e lo sviluppo insostenibile, che costituiscono alcune delle minacce più gravi ed urgenti alla vita delle generazioni presenti e future (cfr. punto 9.4 della decisione) e che possono influire negativamente sul benessere di un individuo e causare, pertanto, una violazione del suo diritto alla vita (cfr. punto 9.5).”
Infine, per tornare al nostro ordinamento interno, colpisce la carica innovativa rinvenibile in tale pronunzia con il rinvio al disastro ambientale previsto dall’attuale articolo 452 quater del Codice Penale utilizzato per ancorare la disamina fattuale del presupposto del grave degrado ambientale ad un concetto di diritto positivo; potremmo definirli effetti collaterali, in questo caso positivi, dell’introduzione degli eco reati ed una ennesima conferma, se mai bene fosse bisogno, della circolarità del diritto e della unitarietà sostanziale, anche internazionale, della giurisdizione.

 

Corrado.Carrubba@Safegreen.it

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