Differenza tra ordinanza contingibile e urgente e ordine di rimozione

In tema di rifiuti, una recente e interessante pronuncia del Consiglio di Stato dell’ 8 aprile 2021 n.2847 ha riaffermato la distinzione che intercorre tra l’ordinanza contingibile e urgente, da un lato e l’ordine di rimozione, dall’altro. Sebbene, prima facie, possano apparire simili, tali implicano tuttavia l’applicazione di due diverse disposizioni di legge nonché differenti oneri e conseguenze . Sul punto, la pronuncia ribadisce: “L’ordinanza contingibile e urgente è emanata sul presupposto dell’urgenza, è finalisticamente orientata a cautelare l’incolumità e la salute pubblica e ha carattere ripristinatorio, sì da prescindere dall’accertamento della responsabilità nella causazione del fattore di pericolo che si intende rimuovere. L’ordine di rimozione emesso dal Sindaco sul presupposto dell’indifferibilità e dell’urgenza di provvedere non ha infatti carattere sanzionatorio, bensì soltanto ripristinatorio.”

Nel caso di specie un privato con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, chiedeva l’annullamento dell’ordinanza contingibile e urgente emessa dal Sindaco del Comune di Roccella Ionica con la quale si imponeva la bonifica, entro 90 giorni, di un terreno di sua proprietà, il quale terreno tuttavia era già stato utilizzato dall’Amministrazione stessa quale sito di discarica rifiuti mediante contratto di affitto. Il ricorrente contestava per l’appunto che, con il sopracitato contratto di affitto, l’Amministrazione si fosse assunta l’onere della bonifica, avendone “ammortizzato” i costi in ragione della pattuita corresponsione di un canone superiore al valore venale del bene. Il T.A.R. per la Calabria, in primo grado accoglieva la censura suddetta in quanto è fatto salvo «l’eventuale obbligo istituzionale dell’ente gestore della discarica» e non essendo il contratto sufficiente ad alterare le normali regole di ripartizione delle responsabilità in materia di ripristino dello stato dei luoghi. Tuttavia, con appello proposto dal Comune di Roccella Ionica, Il Consiglio di Stato analizzava quella che è la questione cardine in diritto: se il provvedimento impugnato fosse da intendersi ai sensi dell’art. 50 del D. Lgs. n. 267/2000 ovvero ai sensi degli artt. 192 e gli artt. 240 e seguenti del D.Lgs. n. 152/2006, come ritenuto invece dal primo giudice.
La differenza è decisiva. La disposizione del Testo Unico degli Enti Locali, recitando “in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale [..]”, è emanata sul presupposto dell’urgenza ed è finalisticamente orientata a cautelare l’incolumità e la salute pubblica dei residenti “in relazione all’urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana”(comma 5 art 50 del T.u.e.l.)
In merito invece agli artt. 192 e 240 e seguenti del Codice dell’ambiente, il giudice ribadiva che, avuto riguardo proprio alla posizione del proprietario del terreno, laddove incolpevole, fosse opportuno compiere un’ulteriore distinzione in quanto si diversificano completamente per presupposti e conseguenze. In tal senso, mentre l’art. 192 concerne l’abbandono o deposito incontrollato di rifiuti e prevede il coinvolgimento del proprietario in solido con il trasgressore solo in caso di dolo o colpa. La parte V rubricata “norme in materia di gestione rifiuti e di bonifica siti inquinati” e quindi gli artt.240 ss., di contro disciplinano un sistema assai più complesso, pur imponendo alla fine un onere reale sul proprietario allo scopo di garantire la sua responsabilità quanto meno patrimoniale.
Tuttavia, il Consiglio ha evidenziato che entrambe le suddette disposizioni contenute nel Codice dell’Ambiente non possono in alcun modo trovare applicazione nel caso di specie in quanto, in virtù del principio ratione temporis, il provvedimento impugnato reca la data del 24 gennaio 2006 antecedente all’entrata in vigore della sopracitata normativa.
Ciononostante, anche qualora non si fosse verificata tale censura, la loro applicazione è da escludersi poiché dai fatti di causa non era emerso alcun accertamento in ordine al fenomeno di contaminazione e, per tale, in ordine al superamento di determinati valori soglia, requisito invece necessario in materia di bonifiche.
Piuttosto, l’ordinanza impugnata ovviava alla necessità di cauterizzare il mero “inconveniente igienico” il quale “non deriva dalla situazione dei terreni al momento della cessazione dell’affitto, ma dal loro mantenimento inalterato nel tempo, senza l’adozione di qualsivoglia accorgimento per evitare il dilavamento del materiale ancora presente.”
Il Collegio, dunque, resa chiara la disciplina e l’applicazione al caso di specie dell’art. 50 del Testo Unico degli Enti Locali, accoglieva in quanto l’appello il provvedimento impugnato non poteva che incombere sulla proprietaria, cui il terreno era stato restituito ormai da anni e concludeva, in forza di una propria sentenza del 9 febbraio 2021 n.1192, che “l’ordinanza contingibile e urgente è da interdirsi a carattere ripristinatorio, sì da prescindere dall’accertamento della responsabilità nella causazione del fattore di pericolo che si intende rimuovere. L’ordine di rimozione emesso dal Sindaco sul presupposto dell’indifferibilità e dell’urgenza di provvedere non ha infatti carattere sanzionatorio, bensì soltanto ripristinatorio”.

Dott.ssa Chiara Vallone

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