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La Cassazione interviene nuovamente sul pastazzo di agrumi

La Corte di Cassazione, con la sentenza 1426 del 2020, si pronuncia nuovamente sulla qualificazione giuridica dello scarto di lavorazione degli agrumi, il cd. “pastazzo di agrumi”.
Il giudice sulla scia delle precedenti pronunce conferma che l’accumulare grandi quantità di “pastazzo” su un terreno, senza adoperare alcuna cautela per la sua conservazione, costituisce abbandono o comunque deposito incontrollato di rifiuti.
Il “pastazzo” perciò non può essere qualificato come sottoprodotto, cioè come non rifiuto, ai sensi dell’articolo 184 bis del TUA.
Tuttavia la Suprema Corte, ripetendo il ragionamento operato dal giudice territoriale, riconosce la sua qualifica originale di sottoprodotto, ma solo a condizione che questo venga gestito in modo tale da permetterne una possibile seconda utilizzazione.
Nella fattispecie sul terreno in affitto ed in uso al ricorrente vi era un consistente quantitativo di “pastazzo” conferito da una società che lo cedeva quale scarto di produzione per destinarlo a mangime per gli animali allevati. Questo era riversato sul terreno, esposto agli agenti atmosferici e solo in parte mangiato dagli animali allevati – in ogni caso pochi rispetto alla quantità di “pastazzo” – tanto da indurre i confinanti a richiedere l’intervento dell’autorità pubblica a causa degli odori. Le modalità con le quali era conservato e gestito escludevano qualsiasi destinazione diversa dal mero abbandono.

Dott. Giacomo Longato