Con un recente pronunciamento di cui alla sentenza 19 giugno 2020, n. 392 il Consiglio di Stato, nella sua più alta ed autorevole assise dell’Adunanza Plenaria, torna sul tema della legittimazione a ricorrere delle associazioni ambientaliste, siano esse di rango nazionale e generalista, siano esse incarnazione di associazionismo locale o territoriale ancorate ad una specifica vertenza.
La legittimazione delle associazioni ambientaliste
I giudici di Palazzo Spada, in continuità con quanto già di recente statuito sempre in sede di Adunanza Plenaria, riconfermano il principio secondo il quale esiste un doppio binario nella legittimazione a ricorrere in capo alle associazioni ambientaliste: la previsione espressa di legittimazione generale attiva in capo alle associazioni di rilevanza nazionale individuate in base all’articolo 18 della legge 349/86, la legittimazione a ricorrere da verificarsi caso per caso seppure astrattamente esistente per enti esponenziali interessati al singolo tema portato all’attenzione dei giudici.
E proprio questa seconda ipotesi, come è noto, è quella che maggiormente da anni attraversa con alterne vicende la giurisprudenza, soprattutto quella dei tribunali territoriali; dal che la rilevanza di queste recenti sentenze.
Di contro è bene ricordare come sino alla norma sopra ricordata dell’articolo 18 contenuta nella legge istitutiva del Ministero dell’ambiente del 1986, la possibilità di ricorrere al giudice amministrativo era stata praticata e spesso accetta proprio in forza di una giurisprudenza che aveva premiato il valore di esponenziali di interessi collettivi portato da forme associative delle più varie, sia in campo ambientale che nel contiguo campo consumeristico; detto fenomeno dagli anni ’80 era andato di pari passo con il riconoscimento del diritto di agire delle medesime associazioni costituendosi quale parte civile sempre nell’ambito di processi penali in cui il bene o l’interesse leso fosse appunto di natura ambientale.
Il principio dell’Adunanza Plenaria
Il consesso di Palazzo Spada coglie pertanto oggi l’occasione per ribadire che hanno diritto di azione a tutela degli interessi legittimi collettivi di determinate comunità o categorie appunto gli enti associativi esponenziali, oltre quelli iscritti nello speciale elenco delle associazioni rappresentative di utenti o consumatori, “in possesso dei requisiti individuati dalla giurisprudenza”.
Requisiti individuati dalla giurisprudenza quali, in sintesi:
- una finalità sociale stabile e formale alla tutela ambientale (“Perseguimento, sancito in via statutaria e in modo non occasionale, di obiettivi di natura ambientale”);
- una rappresentanza effettiva e rilevante di soggetti ed interessi (“Sussistenza di un adeguato grado di rappresentatività”);
- infine, un collegamento concretamente ravvisabile con il valore ambientale posto in pericolo dal provvedimento contestato ( “Sussistenza di uno stabile collegamento con il territorio in cui è sito il bene che si assume leso”), come sin dalla decisione n. 1838 , IV Sezione Consiglio di Stato, del 2018.
Si può pertanto chiosare che in materia ambientale, ove il livello di contenzioso è elevato e si denota una spiccata tendenza al ricorso allo strumento giuridico da parte di numerosi soggetti con l’effetto positivo di portare al vaglio di giudici terzi fattispecie complesse e delicate ma di contro un appesantimento degli iter decisionali, i paletti posti dal Consiglio di Stato appaiono un giusto punto di equilibrio tra il libero accesso alla tutela giurisdizionale e l’individuazione di soggetti a tal fine qualificati.
Inoltre appare positivo che Palazzo Spada abbia mantenuto la barra ferma sulla concreta possibilità da parte di una platea ampia di enti esponenziali di agire in giudizio, rifuggendo, in nome ed in continuità con una lunga e meritoria giurisprudenza, dal facile approdo della esclusiva rappresentanza delle associazioni individuate dall’Amministrazione; cosa che avrebbe oggettivamente ristretto il principio costituzionali del diritto inalienabile di tutti di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi fissato dall’art. 24 della Carta, anche in danno del pluralismo rappresentativo democratico che oggi possiamo definire in campo ambientale cittadinanza ecologica.
Corrado Carrubba
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