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La delega di funzioni in materia ambientale

Con questo primo contributo prende avvio un percorso di approfondimento a tappe che intendo offrire sul tema della delega di funzioni in materia ambientale. Un tema oramai piuttosto diffuso nel panorama giurisprudenziale anche italiano ma ancora poco familiare per gli operatori, che nella prassi denotano spesso rilevanti carenze di principio e di metodo. Un tema peraltro non abbastanza esplorato in dottrina. Cosicché auspico che le riflessioni di questo ciclo di articoli possano risultare utili sia a sollevare interesse che a migliorare le deleghe attualmente in circolazione.

 

tappa n. 1:

PRIMO APPROCCIO ALLA DELEGA DI FUNZIONI AMBIENTALI

Quante volte abbiamo sentito parlare di delega di funzioni in materia ambientale. Forse ancora mai. Forse, più probabilmente, spesso. Ma abbiamo una visione chiara di cosa significhi e in cosa consista?

Come possiamo definirla
La delega di funzioni in materia ambientale consiste nel trasferimento dei poteri e dei correlati obblighi concernente la assai ampia materia ambientale dal soggetto su cui ex lege gravano a un altro soggetto appositamente incaricato. A detto trasferimento consegue anche la traslazione delle conseguenze in caso di inadempimento di tali obblighi, in termini di responsabilità sanzionatorie, specie in ambito di illeciti penali e amministrativi.
Si tratta di uno strumento che snellisce i compiti tradizionali all’interno delle dinamiche non solo aziendali ma anche della pubblica amministrazione e persino di enti del Terzo Settore, non certo esenti da oneri e potenziali responsabilità in materia ambientale.
La delega di funzioni consente il decentramento funzionale dell’organizzazione operativa di un ente in un ambito, quello del diritto e delle politiche ambientali, non solo molto ampio e complesso ma anche e soprattutto in continua e magmatica evoluzione legislativa e giurisprudenziale.
Su queste basi appare piuttosto evidente che la prima operazione, importante e necessaria, sarà proprio quella di individuare quali e quanti temi, norme, adempimenti e correlati obblighi siano pertinenti allo specifico ente in cui si opera la delega. A sua volta, proprio questa operazione è il primo compito plausibile del Delegato, attesi i requisiti di competenza richiesti per una valida ed efficace delega, come vedremo in un articolo successivo.
Questo circolo vizioso è un impasse da non sottovalutare in sede di prima emissione della delega di funzioni ambientali. Per questo motivo è sempre consigliabile affidare uno studio preparatorio ad un esperto di diritto ambientale.
Il fai da te in questa materia è del tutto sconsigliabile, se si vogliono ottenere gli effetti sperati.
La delega di funzioni ambientali risponde quindi, come vedremo in seguito, ad almeno due importanti scopi: una gestione ottimale dei profili ambientali ed una traslazione degli oneri e delle responsabilità ad essi connesse. Non può limitarsi solo a questo secondo scopo.

Che natura ha

La delega di funzione – secondo la mia esperienza professionale ed a dispetto di larghissima prassi applicativa che la sminuisce e ne travisa la generale portata, riducendola a una mera procura unilaterale – ha natura di atto complesso e di fattispecie a formazione progressiva, costituito da almeno due componenti distinte e fra loro caratterizzate da una sequenza logica prima ancora che cronologica:
a) la determinazione di conferire delega di funzioni, con la individuazione non automatica e non scontata di un ampio ventaglio di elementi caratterizzanti, che spaziano dalla ampiezza tematica della delega, alla sua estensione territoriale, alla tempistica, alla individuazione dei correlati poteri e strumenti da porre nella effettiva disponibilità del delegato;
b) la attuazione pratica di tale determinazione, con la attribuzione dei correlati poteri, secondo il meccanismo tradizionale della procura ad acta, che però non esaurisce il contenuto e la natura di questa seconda componente della delega, posto che il relativo atto presenta parti (soggetti) e contenuti ulteriori rispetto a quelli di una procura. In particolare, questo atto ha struttura bilaterale, esigendo la delega di funzione una esplicita e consapevole accettazione da parte del Delegato di quanto conferito dal Delegante, a pena di invalidità e quindi di inefficacia della delega di funzioni, specie in punto a traslazione della responsabilità in capo al Delegato.

Questa duplice componente, in sequenza logica e cronologica viene molto trascurata dalla prassi generalizzata, dove non è infrequente imbattersi in deleghe di funzione, anche da parte di enti amministrati da organi collegiali, costruite solo come procure unilaterali ad acta ad opera del legale rappresentante dell’ente.

Tale travisamento strutturale e funzionale della fattispecie è anche in qualche modo favorito da un equivoco assai diffuso, ovvero che l’atto debba rivestire la forma di scrittura privata autenticata da notaio. Imboccata la via dello studio notarile, lo scivolamento verso la struttura di mera procura unilaterale è propiziato, oltre che – absit iniuria verbis – dalla carente conoscenza in tema del notaio rogante, anche dalla comodità classificatoria ai fini della registrazione e del trattamento fiscale dell’atto, per non parlare della sua repertoriazione.

Nemmeno appare soddisfacente ricondurlo al mero alveo del contratto di mandato (art. 1703 cod. civ.).

Trattasi piuttosto di atto bilaterale dotato di una sua tipicità extracodicistica, che dovrà nei prossimi anni essere sottoposto ad attento studio e, auspicabilmente, ad una sua elaborazione teorica prima e normativa poi.

Come meglio vedremo nelle tappe successive, questo istituto ad oggi infatti non è ancora munito di una specifica codificazione normativa e tutto quanto andremo illustrando è quindi frutto da un lato della elaborazione giurisprudenziale, specie della Corte di Cassazione, e dall’altro della stratificazione esperienziale della prassi quotidiana.

(continua)

Avv. Massimo Zortea

massimo.zortea@safegreen.it