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Digestato come sottoprodotto: una recente sentenza della Cassazione

La Suprema Corte, nella sentenza in commento (Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 12024/2020), ha  esaminato con particolare attenzione l’evoluzione della disciplina in materia di digestato.

Il Caso

I Giudici hanno preso in esame una presunta  violazione  dell’art. 137 comma 14 e 112 del d.lgs n. 152 del 2006 perché l’imputato, a seguito di spandimento del digestato, utilizzato quale fertilizzante del terreno ispezionato, nel corso delle operazioni di spandimento effettuate da una ditta terza,  utilizzando una quantità eccessiva di prodotto che superava la ricettività del terreno, sversava il medesimo prodotto nei canali di scolo di perimetrazione del fondo interessato dalla pratica agronomica.

 

La ricostruzione normativa

Nel corso del proprio ragionamento, la Suprema Corte ha richiamato la particolare disciplina di settore.

L’art. 137 comma 14 D.lgs 152/2006 prevede “Chiunque effettui l’utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, di acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonché di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all’articolo 112, al di fuori dei casi e delle procedure ivi previste, oppure non ottemperi al divieto o all’ordine di sospensione dell’attività impartito a norma di detto articolo, è punito con l’ammenda da euro 1.500 a euro 10.000 o con l’arresto fino ad un anno. La stessa pena si applica a chiunque effettui l’utilizzazione agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente”.

L’art 112 D.lgs 152/2006 (Utilizzazione agronomica) prevede: “1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 92 per le zone vulnerabili e dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, per gli impianti di allevamento intensivo di cui al punto 6.6 dell’Allegato 1 al predetto decreto, l’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, sulla base di quanto previsto dalla legge 11 novembre 1996, n. 574, nonché dalle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all’articolo 101, comma 7, lettere a), b) e c), e da piccole aziende agroalimentari, così come individuate in base al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali di cui al comma 2, è soggetta a comunicazione all’autorità competente ai sensi all’articolo 75 del presente decreto”.

La Corte ha quindi preso in esame il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 52, comma 2-bis (convertito, con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134).  (( 2-bis. Ai sensi dell’articolo 184-bis del decreto legislativo  3 aprile 2006,  n.  152,  è  considerato  sottoprodotto  il  digestato ottenuto in impianti  aziendali  o  interaziendali  dalla  digestione anaerobica, eventualmente associata anche  ad  altri  trattamenti  di tipo fisico-meccanico, di  effluenti  di  allevamento  o  residui  di origine   vegetale   o   residui   delle   trasformazioni   o   delle valorizzazioni     delle     produzioni      vegetali      effettuate dall’agro-industria, conferiti come sottoprodotti, anche se miscelati fra loro, e utilizzato ai fini agronomici. Con decreto del  Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto  con  il Ministero dell’ambiente e della tutela del  territorio  e  del  mare, sono definite le  caratteristiche  e  le  modalità’  di  impiego  del digestato equiparabile, per quanto attiene agli effetti fertilizzanti e all’efficienza di uso, ai concimi di origine  chimica,  nonché  le modalità’ di  classificazione  delle  operazioni  di  disidratazione, sedimentazione, chiarificazione, centrifugazione ed essiccatura. ))

La classificazione del digestato quale sottoprodotto lo esclude dalla disciplina dei rifiuti e, in tale ambito, la giurisprudenza ha stabilito che la configurazione di sottoprodotto, essendo causa di non punibilità, va dimostrata dall’imputato (Sez. 3, n. 56066 del 19/09/2017, Sacco, Rv. 272428 – 01).

L’utilizzazione agronomica del digestato ha, quindi, avuto una disciplina organica a partire dal 2015.

1) il Decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 26 maggio 2015 ha infatti inserito tra i fertilizzanti il “Digestato vegetale essiccato”, derivante cioè dall’essiccazione del digestato ottenuto dalla conversione in biogas di colture dedicate, residui colturali, sottoprodotti vegetali agroindustriali.

2) il Decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 25 febbraio 2016, che aggiorna le regole ed i criteri per l’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento ed acque reflue (definiti dal decreto 7 aprile 2006, che viene ora abrogato) e del digestato prodotto dagli impianti di digestione anaerobica. Viene anche previsto che le Regioni e le Province autonome hanno 180 giorni di tempo dall’entrata in vigore del decreto per disciplinare le attività di utilizzazione agronomica o adeguare le discipline esistenti nel rispetto dei criteri generali previsti dal decreto.

Le condizioni

Per quanto riguarda il digestato, la nuova norma ribadisce che può essere escluso dalla disciplina dei rifiuti – e considerato quindi un sottoprodotto – solo se rispetta certe condizioni:

  1. è prodotto in impianti – aziendali e interaziendali – di digestione anaerobica autorizzati ed alimentati con effluenti di allevamento ed una serie di materie tra cui scarti vegetali ed alcuni scarti dell’agroindustria (art. 22);
  2. vi è certezza di impiego agronomico;
  3. lo si può 5 usare direttamente, senza ulteriori trattamenti diversi dalle normali pratiche industriali quali la disidratazione, sedimentazione, chiarificazione, centrifugazione ed essiccatura, filtrazione, separazione solido liquido, strippaggio, nitrificazione denitrificazione, fitodepurazione;
  4. soddisfa le caratteristiche di qualità indicate all’Allegato IX, nonché le norme igienico-sanitarie e di tutela ambientale comunque applicabili.

È vietato poi l’uso agronomico del digestato prodotto da colture che provengano da siti inquinati o da materiale contaminato. In questo caso il materiale viene considerato un rifiuto e deve essere destinato ad impianti di incerimento.

 

Anche precedentemente alla disciplina organica in materia di digestato  sussisteva  l’obbligo per l’utilizzatore della prova dell’esistenza delle condizioni previste dalla normativa in materia di sottoprodotto ai fini dell’esclusione della responsabilità.

La Corte richiama a tal proposito  una pronuncia del Consiglio di Stato (sez. III – 4 settembre 2019, n. 6093) che, investito su una questione di legittimità delle disposizioni del Decreto Ministeriale n. 5046 del 25 febbraio 2016, recante criteri e norme tecniche per la produzione e l’utilizzazione agronomica del digestato, ha affermato che il decreto impugnato si era limitato a specificare quanto già desumibile dalla normativa primaria.

La normativa di secondo grado ha indicato  i  limiti di tale utilizzo, al fine di proteggere la salute e l’ambiente, dando così attuazione ad una delle prescrizioni di cui all’art. 184-bis del codice dell’ambiente.