|

Bonifiche: Consiglio di Stato e CSC da applicarsi, va considerato l’effettivo utilizzo delle aree.

Con questa recente sentenza n. 439 del 24 gennaio 2022, il Consiglio di Stato, IV Sezione, rigettando l’appello e così confermando la sentenza del TAR Puglia, sede di Lecce, n. 1497 del 30 dicembre 2020, afferma un principio di estremo interesse nel settore delle bonifiche, superando una lettura formale e letterale nell’applicazione della normativa tecnica di riferimento di cui al Titolo V della parte Quarta del d.lgs. n. 152 del 2006 e richiamata Tabella 1 dell’allegato 5, Parte IV – Titolo V.

Si tratta di una fattispecie connessa alla legittimità dell’ordinanza resa da una Provincia ai sensi dell’articolo 244 del TUA imponente la bonifica di un’area di ex cava in forza della assunta premessa che in tale area vi fosse un superamento delle CSC accertato con riferimento alla Tabella contenente le concentrazioni poste per verde pubblico privato e residenziale sulla base della destinazione nominale da PRG, premessa dichiarata erronea dai Giudici alla luce della effettiva destinazione in realtà industriale dell’area.

Palazzo Spada, in sintesi, afferma il principio generale che ove in Tabella 1 dell’allegato 7 si individuino le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) nel suolo e nel sottosuolo quanto alla destinazione d’uso dei siti da bonificare, esse siano da intendersi riferite non solo alle specifiche destinazioni d’uso da strumenti urbanistici ove esistenti  ma alla concretezza dell’uso, difatti “E’ evidente che il legislatore non si è riferito, in tal modo, alla sola specifica destinazione impressa dalle norme urbanistiche (P.R.G. o altri strumenti di pianificazione) bensì ha inteso avere riguardo all’effettivo utilizzo dei terreni ai fini dell’individuazione dei valori soglia di contaminazione; il criterio dell’utilizzo reale e dello stato effettivo dei terreni vale, a maggior ragione, quando non vi sia una specifica destinazione impressa dalle disposizioni urbanistiche ovvero quando tale destinazione sia stata modificata nel corso del tempo”.

Le destinazioni d’uso, richiamate nel suddetto Allegato 5 recante “ Concentrazione soglia di contaminazione nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione d’uso dei siti – Tabella 1: Concentrazione soglia di contaminazione nel suolo e nel sottosuolo riferiti alla specifica destinazione d’uso dei siti da bonificare” sono come è noto di due tipi e su due colonne “a verde pubblico e privato e residenziale” ovvero “ad uso commerciale e industriale”, con rilevantissime differenze quanto ai parametri analitici da considerare, molto più stringenti nel primo caso rispetto al secondo; quindi con differenze importantissime quanto all’insorgere o meno dell’obbligo di bonifica ed obiettivi da conseguire.

Questo orientamento del supremo consesso della giustizia amministrativa, oltre a prendere atto della sostanza delle cose e quindi della non nominale bensì effettiva destinazione reale e storica dei siti contaminati al fine di individuare le effettive tabelle di riferimento da utilizzare, rappresenta in concreto la rimozione di un ostacolo alle procedure ed attività di bonifica ove necessarie e da avviarsi, le quali si trovavano spesso innanzi a target quanto irrealistici quanto inutili.

Da sottolinearsi come ciò può facilitare intervento di reindustrializzazione o comunque recupero a nuove finalità pubbliche e private di aree diversamente destinate all’abbandono quali ad esempio ma non solo le cave, per cogliere tra gli altri gli obiettivi del PNRR e più in generale della Green Economy favorendo progetti su aree già urbanizzate e compromesse, così scongiurando anche il consumo di nuovo suolo.